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"È un vero e proprio viaggio in una dimensione crepuscolare dove, se non è ancora notte, è sera e l'ombra è sempre in agguato; la notte, che è protagonista da subito, già nel titolo. Una crepa, un muro, un sentiero percorso, mancanza di verticalità. Il limite del nostro stare sulla terra. Un andare nel mondo, uno stare che è calcare la terra. Un passo dietro l'altro, il limite rispetto a cui si apre la crepa del tramontare. Prima che venga la notte giunge il tramonto dell'ombra che si annida nella crepa sotto il piede che calca il suolo terrestre. Tutto è nel prima, nell'attimo prima in cui tutto avviene. Non ancora, ancora. Le ombre si allungano, la loro vita breve non dura e si rannicchiano nella crepa mortale del giorno che cede alla notte. L'assenza dell'amata risuona in tutti i componimenti, incessante, un'assenza di cui, forse volutamente, l'autore non specifica la causa, infatti non è chiaro se sia stata causata da un allontanamento volontario o dalla morte. La notte è sempre presente e si affaccia continuamente a ricordare l'oscurità nell'anima di chi sente una mancanza a volte malinconica e rassegnata, a volte dilaniante come uno stilo sottile nel cuore. Tutti i versi sono un continuo e ritmato richiamo a questa assenza, sempre amalgamata con parole che amplificano la nostalgia di chi è rimasto unico testimone di questa separazione. (...)" (dalla Prefazione di Katia Caddeo).